La Gruppoanalisi

La gruppoanalisi costituisce un solido modello di riferimento per l’analisi individuale

La Gruppoanalisi si riferisce fondamentalmente al modello teorico-clinico dello psicoanalista S.H. Foulkes, integrato dagli apporti di quella corrente psicoanalitica che dà il maggior rilievo alla qualità strutturalmente relazionale della mente (Bion, Winnicott, Fairbairn, Ferenczi). Questa corrente psicoanalitica, quindi, ha sviluppato una teoria della mente basata sulla nozione di matrice, la trama di pre-concezioni consce e inconsce, credenze, stili affettivo-emozionali e schemi di comportamento che l’individuo internalizza nel bagno relazionale di tutte le sue esperienze gruppali: familiari e transgenerazionali, sociali, culturali. L’identità, in quest’ottica, si struttura e si evolve nelle reti relazionali di cui il soggetto fa parte.

Nei primi anni di vita si forma, attraverso l’interazione con l’ambiente, una struttura mentale che consente al bambino di muoversi nel mondo secondo la propria soggettività, con un sentimento di sicurezza e libertà.

Se le esperienze relazionali sono buone la struttura mentale si organizza in modo flessibile, consentendo al bambino la fondazione di un senso di sé fiducioso e di un’indispensabile disposizione inventiva nei confronti dell’ambiente. Se le esperienze relazionali non sono buone la struttura mentale si organizza in modo rigido, perde la sua plasticità fino ad atrofizzarsi, non consentendo lo sviluppo delle capacità del bambino e bloccandolo nella possibilità di esplorare il mondo creativamente. La struttura mentale atrofizzata del bambino tende a mantenersi tale anche in età adulta e provoca malessere. L’individuo può riconoscere di essere in crisi attraverso il manifestarsi dei sintomi.

I sintomi, quindi, possono rappresentare un’occasione, per quanto dolorosa, per chiedere aiuto, comprendere il proprio malessere e riprendere le redini della propria vita.

L’essere umano vive nella relazione con il suo ambiente, in un ecosistema caratterizzato da una serie complessa di elementi connessi fra loro. Non si può separare l’individuo dal suo ambiente e considerarlo un’entità a sé. Il modello teorico gruppoanalitico e l’attuale ricerca di orientamento psicodinamico, pertanto, integrano i principi psicoanalitici classici con altre discipline scientifiche: i recenti sviluppi intersoggettivisti della psicoanalisi, la gruppoanalisi e la fenomenologia ermeneutica, le più innovative acquisizioni nel campo neuroscientifico e biofisico dell’esperienza relazionale, le prospettive aperte dalla teoria della complessità del vivente.

Col termine gruppoanalisi, quindi, non viene intesa un’estensione della teoria psicoanalitica dal setting individuale a quello gruppale, ma si assume come oggetto della ricerca e della terapia analitica la struttura intrinsecamente collettiva della mente, la sua gruppalità interna, sia nei suoi fondamenti coscienziali che nelle sue successive ristrutturazioni riflessive.

È per questo che, pur privilegiando il potenziale trasformativo del gruppo terapeutico, la gruppoanalisi costituisce anche un solido modello di riferimento per l’analisi individuale, alla quale apporta, senza mai rigettare la cornice psicoanalitica, il valore di un’aderenza senza precedenti alla storia personale del paziente, alle peculiarità culturali, ai codici, alle sedimentazioni valoriali della sua famiglia, del suo paese, del suo ambiente, dei suoi gruppi naturali.

Un allargamento di prospettiva di questo tipo ha fatto sì che l’inconscio, da semplice luogo del rimosso, è divenuto un inconscio sociale, ossia una sede in cui sono presenti i condizionamenti esterni, le disposizioni sociali, culturali e relazionali dei quali si è inconsapevoli, ma che esercitano profonde influenze sull’esistenza dell’individuo.

Con l’avvento della gruppoanalisi si è assistito così ad un mutamento di prospettiva che ha portato a spostare l’asse teorico dal mondo pulsionale a quello soggettuale.

Questo aspetto vuole sottolineare come in gruppoanalisi, a differenza della psicoanalisi freudiana, l’individuo è concepito come facente parte di una rete collettiva che lo preconcepisce, lo attraversa e lo intenziona.

Freud affermava che l’Io non è padrone in casa propria poiché subisce le pressioni dell’Es, del Super-Io e della realtà esterna.

Diversamente da Freud che attribuiva primaria importanza al mondo pulsionale, Foulkes asserisce che i processi interni non sono altro che interiorizzazioni delle forze che operano nel gruppo al quale egli appartiene.

Nella prospettiva gruppoanalitica questa casa è molto affollata e popolata, e la psicopatologia insorge quando la casa è talmente popolata da non lasciare alcuna autonomia al proprietario nel ri-concepire gli spazi e pensare i possibili ri-ammodernamenti.

Secondo i gruppoanalisti, l’aspetto relazionale non è solo fondamentale in quanto la mamma diviene contenitore degli oggetti psichici proiettati, ma ritengono che non sia il solo oggetto o individuo ad essere interiorizzato, quanto l’intera relazione con esso.

Per Foulkes, contrariamente alla Klein, il movimento non è dall’interno all’esterno, ma viceversa; è il neonato che introietta (non proietta) il mondo esterno nel quale vive.

Foulkes sentì pertanto di aver dato vita ad un nuovo orientamento teorico-clinico che avesse l’ambizioso scopo di affrontare lo studio psicodinamico dell’uomo, delle relazioni e della psicopatologia, considerando il ruolo del sociale e del mondo esterno come penetrante l’essenza più interna della personalità individuale.