Gruppoanalisi e Psicopatologia

gruppL’organizzazione mentale di ogni essere umano è specchio delle organizzazioni sociali in cui vive e della capacità di riflettere, di pensare e di strutturare la realtà dando la possibilità di oggettivare ciò che oggettivamente non esiste organizzando il mondo dandogli senso/i.

La teoria gruppoanalitica permette di superare l’individualismo, le relative scissioni individuo gruppo, sociale, natura e cultura, intrapsichico e interpsichico.

La grande innovazione di fondamentale importanza portata dalla teoria gruppoanalitica è il superamento del paradigma individualista nella sua accezione di pregiudizio individualistico e il concetto di transpersonale.

Con la gruppoanalisi cambia la prospettiva d’osservazione e d’intervento, non più data dall’individuo come elemento singolo, ma dalla molteplicità esterna e soprattutto da quella molteplicità interna ad ogni soggettualità. La condizione gruppale specifica del gruppo di riferimento diviene essenziale condizione per la salute e per la malattia.

È nel gruppo primario, ossia nella famiglia che avvengono le prime strutturazioni nodali della rete primaria, ed è sempre nella famiglia che si costruiscono le prime relazioni verticali, mentre è nel gruppo dei pari che si organizzano le relazioni e reti orizzontali; mentre, il ruolo o prodotto della famiglia (sufficientemente buona usando e ampliando i concetti di madre “sufficientemente buona” secondo Winnicott) diviene l’autonomia dei figli, lo svincolo dalla famiglia.

È nella famiglia che viene svolta una doppia funzione, da una parte deve contenere l’immaturità individuale ed assicurare la crescita del soggetto, dall’altra nonostante la sua fondamentale presenza, deve lasciare spazi d’apertura verso nuove modificazioni dell’esistenza dei figli.

Questo è importante non solo per il concetto di normalità, ma anche per il concetto di patologia. Entrare nella matrice dinamica significa passare dal registro della coazione a ripetere al registro dell’esplorazione di nuovi sensi, e la matrice dinamica si realizza nel gruppo vivendo nella narrazione la storia familiare, storia familiare di ciascun membro del gruppo e di ciò che è stato, passando al registro del ciò che è possibile.

Foulkes descrive l’origine del concetto di rete:
“Il termine rete è stato usato per esprimere il fatto che il nostro paziente individuale è, in essenza, semplicemente il sintomo di un disturbo di equilibrio della rete interna intima di cui fa parte”.
Ogni famiglia è caratterizzata da una particolare cultura che affonda le radici nella sua storia e in quella delle generazioni precedenti. L’interazione con questa cultura (o matrice) familiare e il mondo interno del bambino determina lo sviluppo di quella trama relazionale chiamata da Foulkes “matrice personale” proprio per definire il concetto di fondazione culturale della mente. Tale matrice si costituisce quindi come un polo identificatorio della mente umana: in questo senso la mente è sostanzialmente gruppale. ( Nucara G., Menarini R. Pontati C., 1993).

Per il bambino, la matrice familiare diviene uno spazio di scrittura transizionale dove da significati e sensi storici alle generazioni, alle culture passate, divenendo così costruttore di sensi e progettualità al proprio processo evolutivo.

Questa capacità generativa di pensiero è data dalla possibilità offerta dalla matrice familiare insatura in cui il bambino può pensare il pensiero familiare e trasformare simbolicamente la cultura familiare in nuovi significati, ed è nel contatto sociale e familiare che si può costituire la salute mentale o le sue distorsioni, così chiaramente spiegate da M. Pines:
“Gli infanti acquisiscono una conoscenza dei loro stati mentali attraverso il rispecchiamento sociale creativo di quelli che li accudiscono, i quali aggiungono una prospettiva organizzante alle azioni del bambino. Chi accudisce il bambino capisce che cosa vuole, cosa intende, ed aggiunge persino quella intenzionalità alle azioni del bambino quando ce n’è soltanto una traccia. Se coloro che li accudiscono falliscono ripetutamente nel riconoscere il significato e l’intenzionalità dell’attività di un infante, il bambino esperisce il mondo come confusivo e rifiutante e proietta l’intenzionalità nel fallimento a comprendere e a rispondere.” (Pines M., 1994).

È attraverso processi di saturazione del pensiero che ha origine la sofferenza, ossia la saturazione del pensiero, l’impossibilità di un pensiero che possa dialogare con altri pensieri, e dove esiste una sola possibilità ripetitiva di pensiero che è il pensiero unico che impedisce l’autonomizzazione della persona.

Nel caso della patologia, l’individuo non funziona più come un punto nodale della rete, ma diviene un punto focale dove la conflittualità della rete trova in lui una collocazione, una modalità d’espressione. In una rete familiare un nodo di questa rete potrebbe diventare l’espressione vivificata di un sintomo di tutta una rete disturbata che si organizza intorno al disagio.

Nucara G., Manarini R., Pontati C. ne definiscono il sintomo psichiatrico e la conseguente psicopatologia che ne scaturisce:
“Il sintomo psichiatrico si configura come conseguenza della non avvenuta trasformazione dei temi culturali in eventi simbolici (aventi un significato) all’interno del pensiero; queste mancate elaborazioni possono essere definiti “buchi di significato”, per sottolinearne la specificità di condensati di pensiero transgenerazionale non simbolizzabili. In quest’ottica la psicopatologia è visualizzabile come la conseguenza di un fallimento della matrice familiare nella sua funzione di spazio transizionale; come mancata trasformazione significativa della storia delle generazioni precedenti: in tal caso parliamo di “matrice familiare satura”. (Nucara G., Menarini R. Pontati C., 1993).

L’incapacità di simbolizzare produce dei buchi di significato, aree senza senso che il bambino porterà con sé nell’adolescenza e oltre, saranno le condizioni potenziali di psicopatogenia che ostacoleranno lo sviluppo mentale e l’organizzazione intrapsichica conducendo ad una sindrome clinica psicopatologica o nella stabilizzazione di un disturbo di personalità.

La nostra identità nasce e si costruisce attraverso innesti e questi vanno a costituire i gruppi, o gruppalità interne: un mondo affollatissimo da cui siamo abitati e da cui non c’è possibilità d’espellerle.

Gli innesti diventano elementi costitutivi della personalità ed il lavoro gruppoanalitico è quello di riuscire a individuare quelle parti da mantenere, da trattenere e quelle parti invece che hanno bisogno di un lavoro di distensione e di trasformazione. Queste parti improduttive bloccanti, sono quelle parti saturanti, quelle zone in ombra di cui si conosce ben poco.