L’attaccamento al gruppo quale fattore terapeutico in Gruppoanalisi

La psicoterapia di gruppo consente la costruzione di una base sicura e condivisa dal gruppoLa teoria dell’attaccamento rappresenta un ampio e diversificato quadro concettuale che ha assunto nel tempo un ruolo fondamentale nel campo sociale, nell’ambito dello sviluppo emotivo e, più recentemente, nell’ambito della psicoterapia.
Bowlby concepisce l’attaccamento come la capacità della figura genitoriale di sostenere le sensazioni di sicurezza del bambino (Bowlby, 1976) e sostituisce alla seconda teoria pulsionale di Freud l’idea che l’attaccamento madre-bambino si basi su un sistema istintuale primario e autonomo. A livello teorico, il principale legame fra la psicoanalisi e l’esistenza di un sistema di attaccamento istintuale autonomo sembra poter essere rintracciato nel contributo di Fairbairn (1952), il quale afferma che l’esterno e l’interpersonale hanno una priorità rispetto all’interno e all’intrapersonale, riconoscendo al neonato una spinta relazionale primitiva.

Le riflessioni teoriche compiute da Fairbairn si pongono come molto vicine a quelle di Foulkes, il quale afferma che tutti i processi psicologici hanno origine all’esterno e che i processi interni dell’individuo sono il frutto delle forze che operano nel gruppo al quale egli appartiene (Foulkes, 1971).
Considerata la natura neotenica della specie umana, è possibile così affermare che il bambino possieda una naturale propensione a formare attaccamenti (e quindi relazioni), per cui la genesi del pensiero è data dal nutrimento relazionale ricevuto e dagli schemi familiari di relazione che agiscono sull’individuo.

Le implicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento e i suoi legami epistemologici con la teoresi gruppoanalitica richiamano ad una riflessione sulle modalità di interazione e relazione che il soggetto esprime nel setting terapeutico, interazioni riconducibili alla creazione degli stili di attaccamento che egli tende a mantenere e perpetuare e dei modelli operativi interni precoci sviluppati (Eagle, 2007), nonché alla spinta intersoggettiva della vita mentale. Utile spinta alla comprensione della natura relazionale del legame di attaccamento si ritrova nel modello intersoggettivo e nelle sue articolazioni.

Nell’ambito di tale dimensione intersoggettiva la gruppoanalisi foulkesiana e post-foulkesiana tematizza il concetto di inconscio sociale, definito come inconscio interpersonale e condiviso. Esso spiega come la mente sia il prodotto transgenerazionale di una matrice psichica-relazionale e sociale e contribuisce all’affermazione che la relazione, attraverso la costituzione di reti gruppali che hanno carattere inconscio e che fondano il patrimonio biologico e culturale della specie umana, sia fondativa e strutturante la personalità individuale.
Le ripetute interazioni intersoggettive del bambino con il mondo esterno portano inoltre allo strutturarsi di modelli operativi del comportamento prevedibile delle figure significative, di se stesso e dell’interazione fra tali diversi comportamenti (Bowlby, 1976).

Intersoggettività e attaccamento possiedono, quindi, la stessa ontogenesi e come sistemi motivazionali primari si sostengono a vicenda, il primo creando le condizioni necessarie all’attaccamento e il secondo favorendo lo sviluppo dell’intersoggettività mediante la vicinanza a persone significative (Lavelli, 2007).
Tale dato trova riscontri importanti nel pensiero di Siegel (2001), il quale descrive l’esperienza relazionale come in grado di influenzare lo sviluppo della struttura cerebrale e delle sue funzioni. L’esplorazione del proprio mondo interno avviene così sullo sfondo dei mondi interni altrui entro la matrice dinamica del gruppo, per cui la scoperta delle relazioni interiorizzate del passato avvia relazioni nuove basate sull’attualità e sulla potenzialità dell’esperienza di sé e degli altri.
Il ruolo dell’intersoggettività nella psicoterapia di gruppo è inteso allora come contatto fra le soggettività.

Mediante l’atteggiamento analitico le relazioni fra i membri del gruppo e l’intero gruppo offrono, quindi, quelle esperienze emotive correttive che Pines (1990) definisce come una risposta appropriata che permette al paziente di muoversi da una posizione di difesa verso l’intersoggettività, ovvero verso l’essere con l’altro in uno stato condiviso.
Mediante il setting e la funzione del gruppo emergono configurazioni sollecitate dalle interazioni fra gli individui e il contesto gruppale posto sullo sfondo (Foulkes, 1974). Ciò che ne deriva è una rete di comunicazioni organizzate in senso verticale e orizzontale, in cui la comunicazione diviene una spirale che attraversa il gruppo e in cui il gruppo si propone come contesto naturale nel quale la storicità degli eventi è processata sia sul piano dell’esperienza che su quello della riflessione. La storia individuale viene così decostruita e coinvolgendo la rete gruppale acquisisce un nuovo senso. Quando un piccolo gruppo si riunisce e inizia a comunicare regolarmente, infatti, uno dei fenomeni più rilevanti che si realizza è la creazione di un nuovo sistema microsociale (Marrone, 1996), in quanto è il gruppo stesso a costituire un costrutto relazionale permeato da legami affettivi di interdipendenza fra i membri, legami che determinano lo sviluppo di relazioni e di rappresentazioni di attaccamento. In tale ottica, tra i compiti principali del gruppo vi è il far emergere ed esplorare i modelli di se stessi e degli altri significativi.

È attraverso i fattori terapeutici che la psicoterapia di gruppo consente la costruzione di una base sicura condivisa e alimentata dal gruppo, base indispensabile alla strutturazione della capacità narrativa e alla solidificazione della matrice di gruppo che la contiene, nonché processo in cui la figura del conduttore diviene centrale e in cui i membri del gruppo sono visti come fratelli. Possiamo infatti ritrovare nella figura del conduttore, primo paziente del gruppo (Foulkes, 1974), la prima figura di attaccamento entro un sistema gerarchico di caregiving.

Entro il setting di gruppo il legame di attaccamento di ognuno determinerà così il suo modo di rapportarsi al gruppo, senza compiere il rischio di considerare la sola relazione diadica terapeuta-paziente invece che l’intero network di relazioni attivate.
Ciò consente di assistere alla creazione di configurazioni di attaccamento al gruppo come rete, in ragione della matrice creativa del gruppo, del comportamento affiliativo e della coesione. Tali elementi risentiranno della vita del gruppo stesso e si ipotizza che transiteranno, una volta avvenuto lo sviluppo di una cultura di gruppo, in forme sicure di attaccamento (Lorito, Di Maria, 2008).

Possiamo allora evidenziare come nel setting gruppoanalitico avvengano un ampliamento della capacità riflessiva del soggetto e un aumento delle possibilità trasformative del pensiero, scopo dell’intervento psicoterapeutico e conferma del valore attribuito ad una concezione interpersonale dell’essere umano sempre visto in relazione agli altri.
La natura transpersonale della mente implica la necessità del riconoscimento di un Altro quale componente vincolante dell’apparato psichico e quale costruzione dello spazio intersoggettivo dentro il quale si costruisce il soggetto e rispetto al quale il soggetto costruisce. La funzione di contenimento, legame e rievocazione diviene così frutto della matrice di gruppo.

Il costrutto di attaccamento al gruppo, in tal senso, appare legato all’attivazione di quegli aspetti del Sé che spiegano la relazionalità e che sottostanno alla stessa relazione di attaccamento. Tale costrutto, inoltre, sembra fondato sulla possibilità di rilevare il legame psicologico delle persone ai gruppi per via dell’esistenza di modelli di identificazione di gruppo e alla creazione di legami affettivi entro l’in-group. Nel modello delineato le due dimensioni di attaccamento al gruppo consentono di descrivere il legame fra individui e gruppo psicoterapeutico, legame determinato dall’esistenza di modelli multipli di attaccamento e ipotizzato come fra i costrutti alla base della creazione dell’alleanza terapeutica di gruppo.
Parafrasando Winnicott possiamo allora ritenere che si dispieghi, entro il processo gruppoanalitico, uno spazio di incontro creativo e gioco narrativo (Bollas, 1995b), nuovo sistema microsociale e luogo in cui vengono usati e messi in gioco anche i modelli operativi interni dell’individuo.

Contributo scritto a partire da un articolo di Lucrezia Lorito