Un “personaggio” che si fa portavoce della “zolla lavica” del paziente è una sorta di gomitolo narrativo che è in attesa di essere tessuto da analista e paziente.
Antonino Ferro
Nell’attuale cultura psicoanalitica non possiamo prescindere dalla convinzione che l’identità soggettiva sia fortemente determinata dalla trasmissione generazionale, la quale va definendo ogni individuo come il figlio nato da un taglio ombelicale.
Figlio che diviene aspettativa di un nuovo progetto, che dimora emotivamente nel mondo interiore di ogni individuo e che entra nei contesti reali attraverso una specifica matrice affettiva, e, che alle volte, smarrisce il senso del suo futuro, che soffre per la sua oscura immaturità e che arriva a confondere realtà psichica con realtà esterna.
Si tratta di accompagnare ogni paziente nell’individuazione dei luoghi psichici dove la linea di rispetto del genitore verso di lui è stata infranta. (Pagliarani, Il coraggio di Venere).
Si tratta dunque di risolvere interiormente il conflitto tra gli aspetti regressivi e gli aspetti evolutivi senza danneggiare l’animo curioso, dubbioso ed indagatore del figlio.
Il transito dei contenuti psichici da una generazione all’altra è infatti foriero di conflitti non solo per l’estraneità dei contenuti inoculati dal genitore nella mente del bambino, ma anche per la presenza, nella vita psichica del nuovo nato, di una rilevante quantità di oggetti bizzarri che sono stati depositati dagli stessi familiari nel mondo interno del piccolo.
Il passaggio del vissuto parentale, infatti, accumula nella mente della discendenza i detriti irrisolti che appartengono alle aree scisse e mute delle madri e dei padri. Dunque, più un genitore vive in un mondo lontano dalla verità, più trasmette al figlio degli agglomerati impensabili che costituiscono i semi di una probabile futura patologia.
Parte della psicoterapia consiste dunque nello studio delle radici.
Infatti “La psicoterapia aiuta l’uomo ad evolvere recuperando le proprie radici all’interno della sua storia familiare, vero alimento della sua esistenza” (Luis Kancyper).
Le aree traumatiche del familiare che non sono state elaborate dalle generazioni precedenti vanno a costruire, nella realtà psichica del paziente, un nucleo emotivo dolorosamente conflittuale perché a lui estraneo.
I fantasmi trasmessi da una generazione alla successiva sono causa di strazianti, tormentate e irrisolvibili problematiche proprio perché rappresentano dei vissuti estranei trapiantati nella mente del paziente da chissà chi. Il paziente è legato a questi oggetti da delle relazione patologiche che lo imprigionano in un claustrum sovraffollato dove le identificazioni proiettive e le proiezioni evacuative lo isolano dalla realtà.
A questi legami ed intrecci patologici si dedica quindi lo Psicoterapeuta.
Nell’attuale fase storica è soprattutto la rapidissima trasformazione dei modelli educativi che fungono da supporto all’allevamento della prole che lascia mamme e papà fragili e vacillanti. I genitori perciò sono pieni di contraddizioni che vanno a depositarsi nella mente dei figli poiché i piccolini sono indifesi di fronte all’assalto mentale di mamma e papà . I neo genitori abbandonano i principi dei loro avi e cercano nuovi supporti. Spesso però questo compito fallisce poiché i consigli che vengono loro offerti dalla società consumistica appartengono ad una scala di valori inconsistente ed intrisa di falsi miti. E, quando un genitore si arrocca in un mondo falso, non trasmette un pensiero in grado di mobilitarsi per la ricerca della verità. Potremmo dire che quando mamma e papà veicolano idee ripetitive e banali creano i presupposti per la sofferenza mentale. Essi infatti abdicano al compito di insegnare al loro piccolo come si fa a pensare.
I genitori non possono allora fare a meno di passare nella mente del figlio i loro conflitti emotivi che non sono stati in grado di sgranare in pensieri. L’ambivalenza degli elementi emotivi non digeriti, o come direbbe Bion degli elementi beta, entra nella mente di ogni discendente provenendo non solo dalla generazione ascendente, ma anche dalle due stirpi che, in lui, si uniscono.
Perciò per comprendere un sintomo del paziente dobbiamo predere in considerazione non solo quali elementi emotivi ha assorbito da mamma e papà, ma anche cosa i genitori hanno depositato nella mente del figlio accogliendolo inconsciamente proprio dal campo affettivo dei quattro nonni.
Tutti questi antenati lasciano un’impronta nella vita psichica del nuovo nato e vanno a costituire, assieme ai modelli educativi assunti coscientemente, le ombre psichiche inconsce che la abitano (Scalari, Divieto di transito).
Si può ipotizzare che, oggi, l’assenza di un vero conflitto manifesto tra le generazioni, lasci molte volte irrisolti quei contenuti mentali che vanno poi a costituire il latente dei sintomi che compaiono nel paziente.
Nella psicoterapia di ogni paziente intercettiamo almeno tre gruppi familiari. Ritroviamo infatti le storie dei nonni materni e paterni oltre a quelle della famiglia d’origine del soggetto che abbiamo in cura.
L’analista si accinge quindi a incontrare più gruppi parentali mettendo in campo, nel transfert e nel controtransfert, i vissuti di ciascun componente di quei nuclei. Lo psicoterapeuta deve quindi entrare mentalmente in ognuno di questi contesti familiari per permettere al paziente una esperienza correttiva dei rapporti interpersonali.
Incontrerà sicuramente delle aree conflittuali all’interno di ciascun nucleo, ma anche tra nucleo e nucleo familiare.
Le relazioni parentali entrano nella mente del bambino e vanno a costituire il gruppo primario che dà forma a tutte le interazioni gruppali successive.
La qualità emotiva dei legami familiari viene però rimessa in gioco più volte nel gruppo orizzontale. Oggi questo avviene molto precocemente vista la tendenza attuale ad inserire i bambini, fin dalla più tenera età, nei contesti collettivi.
Il passaggio dal gruppo familiare al gruppo sociale costituisce, per ogni figlio, l’opportunità di colmare le macchie cieche, di rielaborare le zone traumatiche, di compensare le carenze affettive provenienti dal mondo parentale.
Entrando in un contesto collettivo ogni individuo rimette in gioco il suo gruppo familiare. Egli infatti avvia relazioni collettive partendo dalla matrice emotiva impressa nella sua mente da mamma e papà.
La mente, già a partire da Freud, è un prodotto relazionale. Perciò essa si struttura come un insieme di cui le voci interiori sono le diverse componenti. Queste voci possono essere accordate o scordate.
Sono intonate quando sono capaci di armonizzarsi di fronte ad ogni evento conflittuale perché sanno scoprire nuove consonanze.
Sono invece stridenti quando non possono trovare adeguati equilibri di fronte alle rotture che la vita riserva a tutti.
Questo complesso mondo di voci interiori prende vita nel Romanzo Familiare che, con le sue consonanze e le sue divergenze, connota e colora emotivamente la vita di ogni individuo.
Nella storia di ciascuno infatti vi possono essere anche aree gravemente contraddittorie che non sempre attingono alla verità dei fatti, ma che sempre connotano la realtà psichica. Queste aree incongruenti sono, quasi sempre, incapaci di esprimere la loro dissonanza poiché la rabbia, il livore, il senso di ingiustizia, la sensazione di schiacciamento le rende così drammaticamente dolorose da arrivare ad impedire la possibilità di pensarle.
La sofferenza per una storia personale irrisolta si manifesta allora attraverso i sintomi.
La psicoterapia allora modifica il racconto familiare e cerca non solo di far armonizzare le diverse parti, ma anche di accordare i famosi personaggi in cerca d’autore che animano la vita interiore.
La realtà interna prende forma attraverso l’introiezione delle rappresentazioni dei singoli soggetti, ma soprattutto attraverso la qualità dei legami che uniscono le rappresentazioni riferibili a delle persone significative o a particolari aspetti di queste.
I personaggi che la occupano con le loro azioni portano alla lettura degli emergenti intesi come i narrami o gli agiti che contengono la condensazione massima di elementi conflittuali non esprimibili direttamente.
L’individuazione degli emergenti implica che l’analista mantenga la sua mente sempre in un assetto insaturo di ricerca.
Tornando quindi alla metafora iniziale lo psicoterapeuta svela, rinarra, interpreta, costruisce la storia analitica leggendo i famosi personaggi in cerca d’autore che attraversano la relazione tra il paziente e i suoi interlocutori interni visti come figure provenienti dall’inconscio che abitano da tempo la mente del paziente e che ora, grazie a lui, possono essere ospitate nella stanza d’analisi.
Bibliografia:
Anzieu D., Il gruppo e l’inconscio, Borla, Roma 1976.
Berto F., Scalari P., Divieto di transito. Adolescenti da rimettere in corsa, edizioni la meridiana, Molfetta 2001
Bion W.R., Esperienze nei gruppi, Armando, Roma 1971
Ferro A., Nella stanza di analisi. Emozioni, racconti, trasformazioni, Cortina, Milano 1996
Ferro A., Evitare le emozioni, vivere le emozioni, Cortina, Milano, 2007
Kaes R., Trasmissione della vita psichica tra generazioni, Borla, Roma 1995
Pagliarani L., Il coraggio di Venere, Cortina, Milano 1985