A partire dagli anni Ottanta la ricerca neuroscientifica si è sviluppata impetuosamente intraprendendo un percorso di avanzamento che si è mosso in direzione di una sempre più forte interconnessione tra lo psichico e il biologico. Il Premio Nobel Eric Kandel (1998) sostiene che le nuove acquisizioni in ambito neurobiologico ed in quello psichiatrico hanno consentito un importante riavvicinamento tra i due campi disciplinari, smorzando posizioni pregiudiziali e forme d’attaccamento fideistico alle rispettive scuole d’appartenenza.
In particolare ciò ha permesso agli insight psicoanalitici di indirizzare, più concretamente, la ricerca della comprensione più profonda delle basi neurobiologiche del comportamento. In tal modo, acquisisce legittimità scientifica la teoresi di uno psichico e di un somatico che, simultaneamente, nascono nel e dal legame. Emerge chiaramente che lo sviluppo del sistema nervoso è un processo “esperienza-dipendente”: nelle prime fasi di vita le relazioni significative sono, infatti, la fonte primaria di esperienze che modulano anche l’espressione genica a livello celebrale.
I rapporti con gli altri hanno un’influenza fondamentale sul cervello: i circuiti che mediano le esperienze sociali sono strettamente correlati con quelli responsabili dell’integrazione dei processi che controllano l’attribuzione di significato, l’organizzazione della memoria, nonché la modulazione delle risposte emotive e la regolazione delle funzioni dell’organismo (Siegel, 1999).
Questo lavoro, attraverso una riflessione epistemico-teorica su alcune recenti scoperte delle neuroscienze, segnala quanto oggi sia realisticamente e scientificamente possibile un definitivo superamento della tradizionale dicotomia mente/corpo, ed anche dei concetti causalisisti, basati su un prima e un poi quali quelli di psico-somatico o somato-psichico. Lo psichiatra Daniel J. Siegel (1999) scrive che la mente è il prodotto delle interazioni fra esperienze interpersonali e strutture e funzioni del cervello, ma la sua posizione relazionale si radicalizza nel sostenere che le connessioni umane plasmano lo sviluppo delle connessioni nervose che danno origine alla mente.
La tesi presentata nel suo famoso libro La mente relazionale (Siegel, 1999) incontra, da un vertice squisitamente neuroscientifico, l’ipotesi del fondamento storico-relazionale dello psichico.L’esperienza clinica e psicoterapeutica, i contributi della teoria della complessità (Morin & Pasqualini, 2006) e del modello costruttivista (nei suoi aspetti più attenti alle valenze psicodinamiche), l’evoluzione delle neuroscienze e della psicologia clinica (ad esempio l’infant observation, le teorie dell’attaccamento, gli studi sul concepimento familiare e la trasmissione transpersonale dello psichico) con le possibilità euristiche che hanno aperto, hanno dunque condotto a proporre un modello mente-corpo che non omologa né separa i tre aspetti del problema mente-corpo-relazione, ma li vede piuttosto come tre vertici di osservazione.Una parte sempre più rilevante delle neuroscienze ritiene che il cervello sia un organo plastico e aperto alle esperienze, capace di assumere diverse connotazioni strutturali e funzionali, a seconda delle basi genetiche e esperenziali che caratterizzano la singola persona.
Questa concezione plastica (e per certi versi anche dinamico-esperenziale) del cervello è d’importanza centrale perchè crea possibili allineamenti e compatibilità con i risultati della ricerca psicologico-clinica. Quest’orientamento, come è noto al mondo scientifico e non solo, va sotto il nome di darwinismo neurale (Edelman, 1995, 2004, 2007). L’ormai classica teoria di Edelman sul e del mentale si basa sulla constatazione che sin dall’embrione il cervello si sviluppa creando connessioni fra i neuroni: della rete potenzialmente quasi infinita di connessioni neurali ogni individuo ne sviluppa alcune e non altre (fenomeno della potatura neuronica), in risposta agli stimoli che riceve dai sensi. La costituzione neurale è quindi influenzata sin dai primi mesi di vita dal mondo esterno. Il parziale influenzamento culturale rispetto ai geni consente ad ognuno un soggettivo momento di sviluppo, anche a livello cerebrale.
Questo modello in sostanza consente finalmente di ipotizzare in modo più preciso come plasticità neuronale e cultura possono intrecciarsi e creare intelligenza.La mente in definitiva non deve essere più intesa in termini di struttura ma come processo dinamico che emerge dalle attività del cervello, le cui strutture e funzioni sono direttamente influenzate dalle esperienze interpersonali (Siegel, 1999).