Il fenomeno degli Hikikomori

hikikomori

Nel fenomeno sociale, che in Giappone è conosciuto con il nome hikikomori, rientrano tutti quei soggetti, per lo più maschi adolescenti, che rifiutano ogni tipo di rapporto con il mondo esterno e la società diventa loro completamente estranea.

Chiusi nella loro stanza per mesi, anni in alcuni casi, gli adolescenti hikikomori vivono in completo isolamento e abbandono. In Giappone la parola è ormai di uso comune a indicare i momenti in cui ci si deve chiudere nella propria solitudine e si vuole, o deve, lasciare il mondo e la società. Questa condizione riflette tutta l’alienazione socio-culturale di una società in cui spesso i vincoli sociali e famigliari hanno la meglio sulla libera espressione individuale, in cui la competizione e le pressioni per la realizzazione personale sono fortissime e in cui la tecnologia ha il potere di bypassare ogni forma diretta di relazione: Hikikomori è dunque un tipico prodotto giapponese ma è anche in realtà un fenomeno universale, che coinvolge nel mondo, con modalità diverse, milioni di giovani.

La “stanza segreta” della nuova generazione Giapponese è un fenomeno alquanto complesso, la sua manifestazione non si riduce soltanto a ciò che comunemente hanno definito come “ritiro sociale di adolescenti problematici”, ma si promuove come “la nuova comunicazione della generazione umana”. Termine che non si attribuisce automaticamente a tutta la realtà giovanile ma che rappresenta tutta l’inquietudine del mondo osservata dagli occhi di chi “fatica” a comunicare.

Sulle cause del fenomeno si fanno solo ipotesi. L’Hikikomori sembra essere una sindrome culturale che si sviluppa in un paese specifico durante un particolare momento della sua storia. I giapponesi hanno cercato di ricondurre il fenomeno a qualunque cosa. Alle madri ossessive e assenti, ai padri troppo impegnati nell’ambito lavorativo, al bullismo scolastico, all’economia in netta recessione, alle pressioni accademiche e al mondo del web.

Ma il tutto potrebbe anche essere collocato sullo sfondo di una società sociologicamente in crisi e che, maggiormente, si nutre di una cultura non “sempre sana”.

Perchè i giovani rifiutano tutto d’un tratto il rapporto con gli altri? Il problema va affrontato da diversi punti di vista. C’è di mezzo infatti il sistema scolastico Nipponico, giudicato tra i più severi del mondo, ma anche l’incapacità delle nuove leve di sopportare le frustazioni, la forte competitività, le prese in giro ed il bullismo, anche essi fenomeni molto diffusi oggi nel Sol Levante. In pratica per tutta questa serie di circostanze, il giovane non trova per sopravvivere altra via di scampo se non quella di sviluppare nella propria mente un mondo nel quale non esistono angherie, dolori ed ostacoli alla realizzazione del proprio Io, ma che di fatto è solo il frutto della sua immaginazione.

Oltre all’isolamento sociale, alla dipendenza da internet, questi adolescenti tartaruga, soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo compulsivi ma non è facile comprendere se questi siano una possibile conseguenza della reclusione forzata a cui si sottopongono o una concausa del loro chiudersi nella “stanza di dentro”.

Il fenomeno hikikomori, purtroppo in continua ascesa, si sta allargando a macchia d’olio anche negli USA, nel Nord Europa e in Italia, dove in più strutture sul territorio arrivano storie di adolescenti con tratti simili.

Spiega Pietropolli Charmet: Gli hikikomori sono figli della cultura giapponese, ma i nostri “autoreclusi” condividono con loro più di un aspetto. Innanzitutto la vergogna narcisistica. Lo scarto tra il loro desiderato e il reale è troppo forte. Colpa anche delle eccessive aspettative dei genitori». All’ origine c’ è poi spesso una fobia scolastica. «Ma mentre i ragazzi giapponesi fuggono da regole troppo severe, i nostri scappano dall’ incapacità di gestire relazioni di gruppo». Identico il risultato: «Si chiudono in una stanza. Sostituiscono la vita reale con quella virtuale. Ma Internet e i giochi di ruolo sono solo una conseguenza, non una causa».