L’ Alessitimia

L'alessitimia rappresenta l'incapacità nel sapere descrivere le proprie emozioni

Si definisce alessitimia l’incapacità di mentalizzare, percepire, riconoscere e descrivere verbalmente gli stati emotivi (i propri o quelli degli altri). E’ insomma una sorta di analfabetismo emozionale. Attualmente, si parla anche di un possibile deficit della funzione riflessiva del Sé.

Il fenomeno fu studiato inizialmente in relazione ai pazienti psicosomatici da John Nemiah ePeter Sifneos, e fu coniato ufficialmente nel 1976, alla XI Conferenza Europea sulle Ricerche Psicosomatiche.

Come spiegarono Sifneos e Nemiah, le emozioni (emotions) costituiscono la componente biologica degli affetti mentre i sentimenti (feelings) quella psicologica. La componente biologica include i comportamenti motori-espressivi e l’attivazione dei sistemi autonomici e neuroendocrini (insomma, sono le reazioni del corpo), mentre la componente psicologica riguarda la consapevolezza soggettiva delle emozioni, insieme alle immagini, alle fantasie e ai pensieri a esse associati (dunque sono le emozioni avvertite e capite dalla Testa).

Va subito chiarito che le neuroscienze hanno dimostrato che la maggior parte dell’elaborazione emotiva avviene al di fuori della consapevolezza cosciente. Come afferma LeDoux (1996), «Sono gli stati del cervello e le risposte del corpo i fatti fondamentali di un’emozione. I sentimenti coscienti sono solo decorazioni, la ciliegina sulla torta emotiva».Questo significa che gli alessitimici provano esattamente le stesse emozioni di tutti; non sono affatto anaffettivi, freddi o senza cuore.La questione di non essere coscienti di questa emotività non li rende per definizione meno emotivi.

La vera differenza è un’altra: rendersi conto di ciò che sta accadendo emotivamente dentro di noi ci permette di elaborare stategie per rispondere e convivere con gli affetti e i sentimenti. L’alessitimico non può farlo, con conseguenti problemi comportamentali.

Le cause

Si discute ancora riguardo alle cause, che secondo alcuni sarebbero neurologiche: secondo MacLean e Nemiah il tutto sarebbe dovuto a un difetto neurofisiologico che influenza la modulazione da parte del corpo striato dell’input proveniente dal sistema limbico e diretto al neocortex (In parole povere: le emozioni verrebbero per sbaglio incanalate subito negli organi corporei attraverso il sistema endocrino; ci sarebbe così subito, ad esempio, il batticuore, o la tremarella, insomma gli effetti, senza che lo stimolo sia prima passato per “la Testa” che lo ha capito).

Altri ritengono invece che le cause siano puramente psicologiche.

Un sano rapporto con la madre è quello che permette al bambino di sviluppare la giusta empatia (è la madre che riconosce le emozioni del bambino, e il bambino, a sua volta, si deve far capire). In mancanza di questo, potrebbe sorgere il disturbo. Inoltre pare esserci un numero maggiore di uomini rispetto alle donne affetti da questa problematica, forse perché i maschi vengono “addestrati” sin da piccoli a non esprimere molto le proprie emozioni.

L’alessitimia può insorgere anche in un periodo della vita successivo all’infanzia, spesso in conseguenza di un trauma subito. Qui l’emozione viene solitamente vissuta come una potente minaccia di un ritorno dell’episodio traumatico stesso.

A proposito del trauma, può esistere anche un’alessitimia “contingente” o secondaria. E’ tipico ad esempio che persone in situazioni gravi, come malattie terminali, diventino alessitimiche. In questo caso si tratta evidentemente di un meccanismo di autodifesa, una sorta di anestesia emotiva

Caratteristiche generali del soggetto alessitimico

L’incapacità di descrivere i propri sentimenti e di interpretare quelli degli altri è legata a tutta una serie di caratteristiche che si potrebbero ricondurre a una incapacità generale di introspezione:

  • Incapacità di discriminare un’emozione dall’altra (es. amore o odio? Bisogno o insofferenza?)
  • Incapacità di usare il linguaggio metaforico, con tendenza a sostituire il parlare con l’azione fisica diretta
  • Scarsa capacità a provare emozioni positive (gioia, felicità, amore…)
  • Ridotta espressività facciale
  • Ridotta o inesistente capacità onirica e immaginativa
  • Comportamenti conformisti e passivi
  • Pensiero egoistico e infantile
  • Pensiero orientato quasi solo all’esterno, e raramente verso i propri processi endopsichici
  • Tendenza ad attribuire gli eventi della sua vita a cause esterne (destino-poteri forti-nemici)

In amore:

  • Tendenza a stabilire relazioni di forte dipendenza o, in mancanza di queste, scelta ostinata della solitudine.
  • Bisogno ossessivo di attenzioni e di cure.

Incapace di capire, l’alessitimico vive l’emozione solo per via somatica: ne percepisce solo gli effetti fisici (batticuore, nodo alla gola, mal di pancia) senza saperne interpretare il significato (amore, ansia, paura…). Frequenti ad esempio le esplosioni di collera o di pianto incontrollato, senza apparente spiegazione e con una marcata incapacità di descrizione dei sentimenti prima e durante tali manifestazioni.

Molti i disturbi collegati all’alessitimia, come l’impotenza (o l’eiaculazione precoce), latendenza all’abuso di sostanze (o, in generale, i comportamenti impulsivi: abbuffarsi di cibo, una sessualità “perversa”), l’ansia, l’ipertensione e la dispepsia (difficoltà di digestione).

La diagnosi

Interessante è il modo in cui può essere diagnosticata l’alessitimia. Come abbiamo detto, infatti, caratteristica degli alessitimici è la loro mancanza di immaginazione. I test principali, così, si basano sull’invenzione di storie:

  • Il test TAT (inventato da Murray) prevede 31 tavole con foto, immagini, quadri dal significato ambiguo, personaggi immersi in situazioni di vita quotidiana ecc… Il paziente deve costruirci su una storia.
  • Simile è il test SAT9, in cui vengono presentati nove simboli (una spada, una cascata, un rifugio, un mostro, un qualcosa di ciclico, un personaggio, l’acqua, un animale, il fuoco) e il paziente, ugualmente, deve costruire una trama.

Più sono scontate le trame raccontate, più è probabile che si tratti di alessitimia.
Come dimostrano infatti le ultime ricerche (cfr. J. Newirth, (2003), Between Emotion and Cognition: The Generative Unconscious, Other Press, New York) è proprio attraverso l’immaginazione che noi possiamo trasformare i fatti in esperienza.

L’alessitimico, vivendo sempre attraverso il corpo e non riuscendo a “tirare le somme” ha un’attenzione maniacale ai particolari, vive nell’hic et nunc, non riesce ad essere astratto. Quando gli capita qualcosa, o quando assiste a una scena, non ha la capacità immaginativa adeguata a trarne un insegnamento di vita e, soprattutto, a rapportarla a se stesso. Dunque non impara mai.

Nei casi di alessitimia, la psicoanalisi classica non funziona. Vista la loro incapacità di riflettere sui sentimenti o di provare empatia, gli alessitimici erano in genere considerati assolutamente “non analizzabili”: non partecipano emozionalmente alla seduta, non collaborano col terapeuta, sono ripetitivi nel riproporre sempre gli stessi argomenti, mostrano di annoiarsi durante gli incontri.

Le persone alessitimiche hanno difficoltà a comunicare verbalmente agli altri il proprio disagio emotivo e non riescono ad usare le altre persone come fonti di conforto, di tranquillità, di feedback, di aiuto nella regolazione dello stress. La scarsità della vita immaginativa, inoltre, limita la loro possibilità di modulare l’ansia e le altre emozioni negative, attraverso i ricordi, le fantasie, i sogni ad occhi aperti, il gioco, ecc. L’unica cura è una lenta rieducazione emotiva: rendere la persona consapevole delle proprie reazioni emotive e della relazione esistente tra pensieri e stati d’animo. Questo ad esempio può avvenire all’interno di un gruppo terapeutico ad orientamento analitico, in cui grazie al gruppo come cassa di risonanza emotiva, al rispecchiamento e all’identificazione proiettiva con gli altri membri è possibile, come detto prima, che il soggetto riesca pian piano attraverso gli altri membri del gruppo, a sentirsi attraversato a livello mentale e corporeo dalle emozioni che in quel momento pervadono l’intero gruppo e possa pian piano far sua questa nuova modalità cognitiva ed emotiva.