Il termine trauma indica un concetto clinico di natura relazionale; si verifica all’interno di gruppi reali o fantasmatici, ma è sempre sperimentato individualmente e comporta un’esperienza molto dolorosa per l’individuo sul piano fisico e psichico.
Definiamo “traumatica” una esperienza in cui la vita è minacciata, oppure vi è una perdita improvvisa accompagnata dalla paura dell’annientamento e/o dall’improvviso crollo delle aspettative di ricevere empatia dagli altri (Muller, Knauss).
Quando questa esperienza non è verbalizzata, mentalizzata, simbolizzata ed elaborata viene trasmessa da una generazione all’altra e continua nella vita inconscia della generazione successiva.
L’esperienza traumatica si manifesta attraverso varie formazioni sintomatiche quali: disturbi post-traumatici, disturbi di personalità borderline, autolesionismo, tentativi di suicidio, disordini alimentari, ed incapacità di vivere relazioni soddisfacenti per la paura di riprodurre l’esperienza traumatica sul piano relazionale come se fosse finita da poco (collasso temporale).
I membri di un gruppo che hanno subito dei traumi non possono avere a che fare con differenti punti di vista e si chiudono in una modalità di sopravvivenza che consente una “sola e privata” interpretazione della situazione gruppale. Cercano di trascinare il resto del gruppo negli stati regressivi contrassegnati da situazioni di pericolo, gli assunti di base, che agiscono come difesa alla paura dell’annientamento e mettono fine alla coesione di gruppo.
I pazienti che hanno avuto esperienze traumatiche mettono il gruppo di fronte ad emozioni molto forti come odio, distruzione, terrore indicibile, panico e il desiderio incolmabile di fondersi e di distruggere ogni differenza. In questo contesto l’invidia può essere compresa come una forza che mira a distruggere le differenze diventando tutti la stessa cosa: una massa. Un trauma non verbalizzato e non mentalizzato viene sperimentato come un divario incolmabile tra il paziente traumatizzato e gli altri. Infatti per effetto dell’esperienza traumatica le esperienze internalizzate di holding e di contenimento gruppale vengono scisse, scompensate e distrutte e il gruppo internalizzato diventa oscuro e minaccioso.
La lente gruppoanalitica ci fa vedere come la struttura intrapsichica è un processo di differenziazione che si sviluppa attraverso l’internalizzazione di varie esperienze di gruppo, o, nel caso di pazienti che hanno subito traumi, attraverso esperienze traumatiche di gruppo.
L’interazione inconscia del gruppo interno di ciascun individuo può essere descritta come un continuo processo di comunicazione, dove le forze centripete mirano allo sviluppo di attaccamenti sicuri alle figure significative e le forze centrifughe alla differenziazione dagli altri.
Attraverso l’internalizzazione di esperienze di gruppo traumatiche questo equilibrio viene disturbato dalle fondamenta: l’attaccamento diventa insicuro e la differenziazione dagli altri crolla.
Quindi, quando l’esperienza traumatica viene vissuta in primo piano attraverso la formazione dei sintomi, le regole inconsciamente costruite funzionano come una difesa contro l’emersione del ricordo di ogni dettaglio del trauma; cosi unificando i fenomeni regressivi attraverso gli assunti di base, il gruppo tenta di affrontare la paura dell’annientamento, che aveva caratterizzato l’esperienza traumatica.
Il compito del conduttore del gruppo è, quindi, quello di creare una cultura di gruppo non moralistica (Hirsch, 2008), in cui ogni associazione ed ogni affetto possano essere benvenuti e contenuti, metabolizzati e mentalizzati, cosicchè il gruppo possa utilizzare la comprensione delle “deviazioni” di ciascun individuo dalle proprie regole inconsce come una forza evolutiva (Brown, 1998).
Solo esperienze di gruppo di questo tipo permettono lo sviluppo di una matrice di gruppo internalizzata in cui sia possibile godere della possibilità di giocare internamente, in modo sempre più cosciente con diversi significati, superando cosi il senso di vulnerabilità ed impotenza sperimentati nel trauma.
Nel trattamento gruppoanalitico dei pazienti che hanno subito dei traumi le interpretazioni non sono invece di grande aiuto; i rischi sono la dissociazione dei contenuti affettivi intensi, poiché essi appaiono incontenibili ed insostenibili.
Pertanto, come conduttori di gruppo, dobbiamo conservare il coraggio e la fiducia che questi affetti possano essere contenuti nel gruppo, essendo compresi, contestualizzati ed elaborati.
I differenti punti di vista danno al gruppo la capacità di giocare con le diverse realtà perché i diversi modi di empatizzare con l’esperienza traumatica introducono nella comunicazione un diverso modo di percepire la realtà. Questo aiuta il paziente traumatizzato ad identificarsi non solo con questi punti di vista, ma anche con la capacità riflessiva del gruppo. Possiamo dire che queste esperienze sono possibili solo in una situazione gruppoanalitica.
Un altro rischio è quello della riedizione del trauma quando dei moti affettivi intensi scatenano le esperienze traumatiche di altri pazienti; in questo caso l’analista deve diventare molto attivo al fine di riportare il gruppo in uno spazio sicuro , che controbilanci l’angoscia dell’annientamento; bisogna quindi mantenere sempre la speranza che non c’è alcun trauma che non possa essere verbalizzato e mentalizzato.
Le pre-condizioni per la mentalizzazione delle esperienze traumatiche sono: risonanza, rispecchiamento, holding e una matrice dinamica di gruppo capace di contenimento; la capacità, quindi, per l’individuo di pensare l’impensabile e di parlare dell’indicibile possono svilupparsi.
Questi rischi devono sempre essere tenuti in gran considerazione dal conduttore di gruppo che ha come compito principale il contenimento del gruppo stesso come spazio sicuro.
Contributo curato a partire da un articolo scritto da Werner Knauss, già Presidente della Group Analytic Society.