“La gruppalità interna è l’esito della internalizzazione, attraverso processi identificatori, dell’insieme di relazioni delle quali l’individuo, sin dalla nascita, entra a far parte come l’elemento personale di una circolarità di significazioni e di intenzionamenti” (Napolitani, Maggiolini, 1989).
Nell’elaborazione di Napolitani l’ipotesi di una gruppalità interna ha una notevole rilevanza. Il pensiero di questo autore si è criticamente soffermato sul sistema freudiano e in particolare, riguardo ai gruppi interni, sul concetto di identificazione. La gruppalità interna è la modalità caratteristica di strutturazione della dimensione transpersonale nell’individuo. Essa non consiste, però, nell’internalizzazione delle figure parentali; non si tratta cioè di una sorta di pantheon interno in cui sono rappresentati personaggi significativi della storia individuale (padre, madre, ecc) con i loro tratti personologici ben identificabili.
Ciò che viene introiettato è piuttosto una rete di modalità relazionali, la rappresentazione dei rapporti di ognuno con l’altro e con l’ambiente, le significazioni e i codici legati a tali rapporti. Il gruppo interno diviene così un sistema, una polarità di riferimento tutt’altro che semplice, connotata da innumerevoli aspetti. L’individualità trae la propria origine da questo processo, e si costituisce come la parte più stabile della personalità nelle sue componenti replicative.
Il termine ha la sua radice etimologica in idem che sottolinea l’inclinazione a riproporre inconsapevolmente nell’incontro col mondo i copioni interiorizzati. Il teatro della mente non è abitato da attori o personaggi quanto da modalità di relazione caratteristicamente dotate di intenzionalità, di desideri che riguardano il soggetto, e da cui il soggetto può essere parlato e agito.
L’universo transpersonale delle gruppalità interne, l’idem, trova sempre nell’ambito del dinamismo intrapsichico, il suo interlocutore nell’autos, la dimensione innovativa del soggetto.
L’autentico (autòs) è quella componente soggettiva che ha originariamente contribuito a istituire la gruppalità interna nel processo di inserimento dell’individuo nel proprio ambiente.
L’aspetto saliente dell’autòs è tale attitudine concepitivo-trasformativa, una sorta di “vocazione trasgressiva” che lo pone, a volte dolorosamente, in un registro critico del transpersonale. Quindi la costante dialettica idem/autòs, perpetuamente riproposta, è rappresentata come la scena della ribellione del figlio contro l’autorità genitoriale e familiare.