Nel mondo occidentale contemporaneo ci troviamo sempre più spesso a confrontarci con individui che si illudono di poter godere di una libertà potenzialmente senza limiti a fronte di una insicurezza invece realisticamente molto aumentata in tutti i campi. Ciò comporta inevitabilmente una alternanza tra sentimenti ipomaniacali di onnipotente illusione e altri di depressione delusa con riduzione della sicurezza di sé fino a sentimenti di impotenza, perdita di fiducia nelle proprie capacità e diffidenza nei confronti del mondo, accompagnati da stati d’ansia, di timore e inadeguatezza.
I sentimenti descritti sopra spesso non permettono un maturo esame di realtà, ma anzi tendono a riproporre una modalità di pensiero arcaico che privilegia la colpa assunta o proiettata riproponendo così lo scontro o il non incontro piuttosto che il confronto, anche potenzialmente conflittuale, con le proprie ele altrui responsabilità.
Sembra diffondersi una “nuova” modalità difensiva socializzata che ostacola il funzionamento sia dei gruppi naturali, che di quelli di lavoro: la modalità del non-gruppo. Vi è:
“La fantasia di essere in un gruppo fatto di rapporti svincolati, con legami fluidi e sfuggenti, che possono essere interrotti, più o meno a discrezione di ciascuno, dove una illusoria tutela del Sé prevale sull’obiettivo e trasforma il gruppo di lavoro in un non-gruppo, in una massa indifferenziata dove la relazione esiste solo in presenza” (Kaneklin, 2001).
Questa fantasia sembra attraversare sia i contesti lavorativi attuali, sia in generale gli ambiti relazionali dell’uomo occidentale. Per salvare la propria identità individuale nel contesto iperveloce dell’economia globale e del capitalismo flessibile, se viene considerato ancora necessario entrare in rapporto con gli altri, viene però posta una grande attenzione a nona sviluppare attaccamenti profondio appartenenze troppo forti che creino legami e potenziali conflitti che potrebbero far soffrire e al contempo ostacolare la possibilità di sperimentare realtà sempre nuove e mutevoli.
Cosi il non-gruppo ha come effetto secondario e profondo l’impoverimento del Sé e la riduzione degli spazi di pensiero. Si sviluppa una specie di “pensiero corto”, basato sulla rapidità delle decisioni e delle reazioni , a scapito della profondità delle analisi e ristretto su faccende “private”.
Di fatto il non-gruppo mina alla base la possibilità di apprendere attraverso la relazione con altre persone e di apprendere dall’esperienza. Ripiegati narcisisticamente su strategie di presunta sopravvivenza, si evita di pensare a come affrontare i complessi pericoli che minacciano il singolo individuo e il mondo. Per reagire ad un profondo senso di impotenza si svalorizza ulteriormente il presente e si guarda ad un futuro inesistente, dove onnipotentemente ci dovrebbe essere un “sempre meglio” che, anche se eventualmente raggiunto, non basta mai.
Cosi si passa da un presunto ed illusorio potere illimitato ad un pesante e a volte annichilente senso di impotenza, dove il desiderio del tutto e subito, di mete immediatamente e facilmente raggiungibili ostacola la capacità di tollerare il conflitto e l’attesa e rischia di portare “alla perdita del futuro”.
Insieme ad una esasperata accelerazione del tempo rischiamo una entropizzazione del tempo (dalle parole dell’astronomo Giovanni De Sanctis), in cui coniugare con angoscia e smarrimento irrequietezza e stasi; una sorta di falso movimento quindi, dove la paura del cambiamento produce appunto un falso movimento da criceto in gabbia.
Questo ci fa confrontare con la costituzione sociale dell’individuo che appunto apre al conflitto tra il bisogno di appartenenza e l’altrettanto forte bisogno di essere riconosciuti nella propria specifica individualità, senza che questo processo abbia un tempo e un modo lineare, ma un procedere avanti e indietro in un tempo a spirale. Ciò contribuisce a rendere evanescenti quelli che un tempo erano i “punti fermi” del vivere sociale, ideologie, valori, modelli e quant’altro di simile.
E in quella che è divenuta, secondo la definizione di Baumann, l’odierna società “liquida”, anche l’essere umano vaga abbindolato da falsi punti fermi, evanescenti ideologie e modelli, in un continuo e vorticoso rincorrersi di traguardi da raggiungere, salvo poi accasciarsi di fronte agli ostacoli che la realtà vera, oltre le nebbie della realtà virtuale, gli oppone.