Il processo di individuazione nella società post-moderna

illusione-dell-individualismoViviamo in un tempo disanimato e pervaso da una crisi radicale del senso. La società di massa sembra non lasciare spazio alla ricerca individuativa proponendo modelli di comportamento e stili di vita omologati e omologanti. Ai miti e alle utopie si sostituiscono i simulacri e le immagini, interscambiabili tra di loro, che diventano merce, rendendo difficile l’accesso al piano simbolico. Alla tensione verso il dialogo con l ’altro si sostituisce l ’illusione dell ’individualismo.

Identità individuale e ambiente sono in relazione diretta. Dove cercare i legami di questa diretta relazione? Nelle storie soggettive ma oggi, più che in passato, anche nelle pagine di giornali, nei programmi televisivi, nei talk-show, nei social network

Questi sono spazi e contenitori dell’Io in cui si accresce l’identità e si disegnano scenari relazionali complessi.

I nuovi contenitori dell’Io della post-modernità sono plastici e malleabili, sempre pronti a metamorfosi e inconsistenti definizioni di sé e dell’altro. Sono specchi di se stessi, da cui tanto più ci cerchiamo di allontanare, tanto più veniamo catturati, come immobilizzati dall’allettante conferma di un nuovi possibili Sé.

In questi spazi è concesso di citare emozioni solo apparentemente esperite o vissute senza una reale elaborazione delle stesse: colpa, rabbia, vergogna, paura, gioia vengono annebbiate, talvolta esibite, estremizzate fino a diventare desiderabili, mitizzate, o vissute in solitudine più che in una relazione reale con l’altro.

La narrativa e l’emotività vengono sostituite da slogan e immagini, che tendono a immobilizzare il soggetto nell’apparenza offerta, talvolta volutamente manipolata per mostrare di sé qualcosa che l’altro possa cogliere, spesso nell’ottica di un’immagine ideale e perfetta.

La clinica si confronta sempre più con una tipologia di pazienti per i quali il problema prioritario appare legato a tematiche narcisistiche e identitarie, piuttosto che al conflitto intrapsichico o relazionale. I sogni spesso mostrano immagini catastrofiche, terremoti, inondazioni e maremoti, segnalando il rischio di un possibile collasso della psiche individuale e sociale. La pervasività di tale fenomeno prefigura, ad una prima occhiata, il rischio di una perdita di orientamento collettivo, ma, a un’analisi più attenta, tali sogni evidenziano anche possibili soluzioni.

Le domande che sorgono sono: ”La catastrofe è preludio ad un rinnovamento profondo? Quali sono le nostre utopie, le speranze e le risorse con le quali ci prepariamo ad affrontarla?

Bauman, con il concetto di “mondo liquido” e “identità liquida” spiega come la “Vita Liquida” sia una vita che corre più del tempo, in cui sono persi i valori costituzionali che salvaguardano la relazionalità, l’identità, l’esperire emotivamente. È una vita che si spreme in una società del consumo e dell’incertezza, appunto “liquida” (Bauman, 2003).

Vita liquida non solo per lo strutturarsi e muoversi attraverso logiche di instabilità e scambio anche nelle relazioni umane (“cosa mi dai tu in cambio di ciò che ti do io?”), ma anche per il veloce bruciarsi degli equilibri, degli obiettivi, della coerenza personale che dovrebbero rafforzarsi nelle esperienze quotidiane. Una società che è contenitore liquido ospita un Io altrettanto liquido, privo di salde colonne interne e flessibile alla malleabilità degli eventi.

E come rispondere a questo incalzare in cui il soggetto passa velocemente da attivo a passivo, da controllante a controllato, da agente a spettatore? In primo luogo con un controllo perfezionistico, con un continuo mettersi avanti agli eventi stessi, anticipando in modo competitivo e maniacale l’agito dell’altro, cercando di eludere l’instabilità che ci circonda, ovvero rafforzandosi in senso grandioso, fino, talvolta, a strutturarsi in senso patologico. Stanghellini (2011) parla di nuovi modelli di costituzione dell’identità: “Questa nuova forma di identità segna il passaggio dall’ identità sostanziale (io sono x) e progettuale (io sarò x), all’identità flessibile (io faccio x).”.

La soluzione del soggetto in questa società può anche essere quella di scegliere contenitori che possano dare sollievo al senso di smarrimento, in cui lo sguardo dell’altro, anche di sfuggita, possa compensare il bisogno di riconoscimento, di conferma, di rimando. Ne sono esempio i social network. Queste modalità comportamentali potrebbero consentire di esorcizzare il timore di essere s-vergognati da chi ci circonda, o di cedere a paura e sensazioni di inadeguatezza.

Mai come ora l’oggetto è simbolo concreto di qualcosa che si è rotto all’interno del soggetto, nelle faglie di un’identità fragile e perennemente a rischio di frammentazione.

Anche sul piano relazionale la dipendenza dall’altro può essere così sostituita dalla dipendenza da un oggetto che possa favorire un veloce adattamento alle richieste della società.

In questa dimensione della temporalità può crescere un uomo iperefficiente, autoreferenziale, forte, indipendente, pratico, centrato sul presente, sul fare tutto subito e sull’apparire invece che sull’essere e sentire emotivamente. Questo uomo rischia di perdere la capacità di attendere, di godere del cambiamento e dell’inaspettato, di procrastinare il desiderio.

E tutti coloro che non riescono ad adeguarsi alla società e ai suoi meccanismi? Che non riescono a lenire la frustrazione e la vergogna con gli strumenti del mondo liquido e da questo stesso si sentono schiacciati? Questi rischiano di sentirsi outsiders perennemente in bilico, a contatto con sentimenti di profonda inadeguatezza e perdita di speranza, come raccontato dalla cronaca nera degli ultimi mesi e dalla crescente tendenza al suicidio in risposta a frustrazioni di vita.